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Lo smartworking nel modello di business del vending

Lo smartworking nel modello di business del vending

Non è bello autocitarsi, anzi, direi che è perfino un’operazione non elegante, che di regola andrebbe evitata ma le regole, a volte, contemplano un’eccezione. Mesi, anzi anni fa, all’inizio della pandemia e in piena crisi totale del nostro settore, scrivevo su questa rivista che tutto un giorno si sarebbe risolto (non potevo prevedere quando, non sono un veggente) ma qualcos’altro per il nostro settore no, non sarebbe più tornato come prima. Siamo caduti, ci siamo leggermente rialzati ma siamo caduti di nuovo: ora ci rialzeremo ancora, forse con la schiena più dritta di prima -ne sono convinto- ma il settore perderà una parte del suo fatturato e non la recupererà mai più. Lo smart working, come prevedevo anni fa, sarà l’eredità lasciata dal Covid, una forma di lavoro che mette d’accordo aziende -sia pubbliche che private e lavoratori.

Noi, praticamente nel mezzo, pagheremo le conseguenze di questa situazione per sempre, perché ci mancheranno parte dei consumatori, parte dei clienti che, ahimè, non riusciremo più ad intercettare. Mi fa piacere che il Presidente di Confida, Massimo Trapletti, in una recente intervista abbia dichiarato: “Lo smart working uccide il vending: perdite del -31,55% a gennaio”. Sicuramente i dati di febbraio non saranno migliori e così, continua Trapletti, sarà fino alla fine dello stato di emergenza, previsto al 31 marzo. È lecito chiedere di revocare la circolare del 5 gennaio scorso e promuovere il rientro dei lavoratori in presenza, come è lecito diventare tifosi del Ministro Brunetta, su questo tema dalla nostra parte. Dobbiamo muoverci però con cautela: i clienti/consumatori che di malavoglia torneranno al lavoro non dovranno additarci come complici del provvedimento che li toglie dal divano, altrimenti oltre ai “no vax” ci troveremo di fronte anche al movimento “no macchinette” (come vengono chiamate, purtroppo anche dai media). E il problema non finisce qui. Dobbiamo rassegnarci al fatto che, anche con l’auspicato rientro in presenza dei lavoratori, il lavoro agile continuerà ad esistere. Nei settori che lo consentono, diversi studi (ormai non più recenti) confermano che i lavoratori passeranno tre giorni in azienda e due giorni in smart working.

Se facciamo bene i conti, questo significa il 40% in meno dei nostri consumatori presenti sul posto di lavoro e qui, purtroppo, il nostro Brunetta nulla potrà fare, questo sarà il vero problema: la modalità di lavoro mista sarà la nostra condanna, irreversibile. Con questi clienti andrà ripensato completamente il modello di business del settore, un modello che preveda un adeguamento prezzi per recuperare parte della marginalità perduta, causa calo delle presenze e quindi delle consumazioni, oltre ad una rimodulazione dell’ampiezza delle aree ristoro, perché non potremo certo pensare di lasciare lo stesso numero di distributori automatici dove la presenza si è ridotta del 40%, anche se quasi sicuramente con un’alternanza di utenti.

Un ulteriore problema, non semplice da far accettare, ma che dobbiamo provare a superare da soli: non ci sarà nessun Brunetta ad aiutarci.

di Massimo Ferrarini, Amministratore Unico Miami Ristoro

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